Di qui a 25 anni sono previsti quasi 40 milioni di morti a causa di un fattore difficile da controllare: lo rivela uno studio.
Molto spesso ci capita di leggere notizie nefaste riguardo al presente oppure previsioni negative per il futuro. Pensiamo ad esempio alle notizie riguardanti il cambiamento climatico e le conseguenze che esso potrebbe avere sull’ambiente, ma anche sulle popolazioni umane, animali e vegetali. Oppure pensiamo alle notizie sulle malattie.
Dopo la pandemia che ha colpito l’intero pianeta nel 2020, in effetti, abbiamo dovuto rivalutare il nostro modo di pensare la salute collettiva. Ci siamo resi conto della precarietà dell’equilibrio della salute pubblica e, in teoria, abbiamo imparato a comportarci in materia più consapevole da questo punto di vista.
Ciononostante molti fattori sfuggono ancora al nostro controllo. Un recente studio effettuato dai ricercatori del Global Research on Antimicrobial Resistance Project (GRAM), ad esempio, ha messo in luce la possibilità che da qui al 2050 possano verificarsi milioni di morti a causa della cosiddetta antibiotico-resistenza. Con questo termine si fa riferimento alla capacità sviluppata da alcuni tipi di batteri di resistere agli antibiotici, le cui conseguenze sono devastanti.
Il fenomeno dell’antibiotico-resistenza, tuttavia, non è nuovo e sono molti i ricercatori che ne hanno già analizzato l’andamento e le conseguenze negli anni passati.
Tra il 1990 e il 2021, per esempio, questo fenomeno ha provocato la morte di una media di 1,14 milioni di persone l’anno nel mondo. Di qui al 2050, però, le stime vanno a rialzo. Secondo i ricercatori i microbi resistenti agli antibiotici potrebbero risultare letali per 1,91 milioni di persone l’anno, corrispondenti a una crescita del 67,5% rispetto al milione sopra citato e a 39,1 milioni di persone in tutto il mondo.
A questo punto, però, è necessario chiedersi: da cosa dipende l’antibiotico-resistenza e, soprattutto, come si può invertire? Le cause di questo fenomeno sono molteplici: innanzitutto si tratta di un fenomeno evolutivo naturale per cui i microrganismi si abituano alle condizioni avverse che incontrano nell’ambiente per poter sopravvivere. Oltre all’evoluzione naturale, però, dobbiamo annoverare anche dei fattori antropici.
Tra questi un uso eccessivo degli antibiotici, non solo nella cura degli esseri umani, ma anche e soprattutto nella cura degli animali negli allevamenti intensivi. Sottoposti a condizioni igieniche a dir poco immonde, gli animali negli allevamenti sono spesso vittime di gravi infezioni che vengono curate con dosi massicce di antibiotici, piuttosto che risolvendone la causa alla fonte.
L’uso di antibiotici sugli animali da macello, però, comporta un consumo indiretto di antibiotici anche per noi esseri umani. In altre parole l’uso eccessivo di antibiotici sugli animali che poi finiamo per consumare comporta un consumo di antibiotici anche per noi, anche in condizioni in cui non ne avremmo bisogno.
Agire sull’uso di antibiotici in campo zootecnico, moderandolo, è dunque un primo passo per cercare di fermare questo fenomeno. Che nel corso di poco più di 25 anni potrebbe finire con l’uccidere quasi 40 milioni di individui.
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